A Cavour, in occasione di TuttoMele, il convegno a cura di Confagricoltura Cuneo e Confagricoltura Torino. Il valore del territorio come leva per la crescita del mercato; il ruolo essenziale di filiere che devono essere sempre più unite e sinergiche per sostenere l’export e le vendite
Il comparto frutticolo è giunto, nel nostro Paese, a un punto di svolta. Questo è quanto emerge dal convegno che si è tenuto mercoledì 8 novembre a Cavour (TO) in occasione di TuttoMele, organizzato da Confagricoltura Cuneo e Confagricoltura Torino.
Il titolo dell’evento “Frutta: Piemonte, Italia, Europa – Dinamiche produttive e commerciali” esprime il perimetro della complessità, ormai sovranazionale, del mercato, che è stata affrontata da diversi punti di vista negli interventi che si sono susseguiti.
Il quadro di riferimento: consumi in calo
Il punto di partenza della narrazione è il dato numerico: nei primi sei mesi di quest’anno i consumi ortofrutticoli sono calati del -8% in Italia (213 mila tonnellate in meno) rispetto allo stesso periodo del 2022; una diminuzione del -7% dei volumi. La spesa totale generata per l’ortofrutta nel nostro Paese è arrivata a 6,2 miliardi di euro (+1%) (fonte: CSO Italy).
Per quanto riguarda specificamente la frutta, nel semestre da gennaio a giugno è stata acquistata per un volume complessivo di 1,28 milioni di tonnellate (-10% sullo scorso anno) con il prezzo medio incrementato del +9%.
I contributi dei relatori
A Salvo Garipoli, Direttore di SG Marketing, società di consulenza specializzata in servizi di marketing agroalimentare, il compito di guidare il convegno. I lavori sono iniziati con il saluto da parte di Marco Protopapa, Assessore all’Agricoltura di Regione Piemonte, di Sergio Paschetta, Sindaco di Cavour, e con l’intervento di Enrico Allasia, Presidente di Confagricoltura Cuneo e Piemonte, che ha confermato l’essenzialità della frutticoltura per la regione, precisando la complessità del momento: “I mercati sono in forte cambiamento, vi sono player europei con i quali confrontarsi e dai quali attingere idee per nuove strategie. Le dinamiche in campo sono molte e coinvolgono dai produttori alla distribuzione, per questo auspichiamo che, ascoltando tutti gli operatori, si possano comprendere le diverse visioni e fare una sintesi, ovvero trovare un modo per fare rete tutti insieme, capendo le esigenze reciproche per valorizzare e remunerare la produzione frutticola regionale”.
Completa Tommaso Visca, Presidente di Confagricoltura Torino: “È indubbio che il produttore resta, al momento, ancora l’anello più debole della filiera, in Piemonte in particolare. Le situazioni contingenti – dalle dinamiche della crisi al post-Covid – non hanno consentito a chi produce di recuperare margini. In un contesto del genere si fa fatica a produrre, i nostri settori sono sottoposti a pressioni non semplici da gestire. Sollecitiamo che si attivi almeno un confronto e che anche la politica si faccia carico delle problematiche dell’agricoltura”.
Michele Ponso, Presidente di FNP Federazione Nazionale Frutticoltura di Confagricoltura, nel suo intervento, ha posto l’accento sull’importanza del confronto con i Paesi europei, Spagna e Polonia in particolare, ospiti internazionali del convegno: “Dobbiamo aprirci al dialogo e alla conoscenza di mercati lontani dai nostri, che però dall’Italia tanto hanno imparato e che sono riusciti a crescere rapidamente. Oggi sta a noi capire come questi player si muovono e progredire, anche a fronte di tutte le difficoltà che ben conosciamo: non dobbiamo restare indietro. Quest’anno si presenta migliore rispetto al precedente, i produttori sono meno vessati dai costi e i prezzi di vendita sono più alti: un momento propizio per aggiungere consapevolezza e conoscenza”.
Accorato l’appello di Carola Gullino, Presidente Associazione Nazionale Le Donne dell’Ortofrutta, che dopo aver ricordato che l’agricoltura sta vivendo un momento senza precedenti (per condizioni climatiche nuove, consumi in calo, alti costi di produzione), auspica un vero radicale cambiamento: “A livello di prodotti, processi, nuove tecnologie, approccio alla filiera. Intendo un vero cambio di visione, per connettere il più possibile tutti gli attori e ottenere maggiore collaborazione e giungere a una strategia comune. È necessario, a mio parere, arrivare finalmente a parlare non più di prezzo, bensì di qualità, attraverso piani di comunicazione che giungano in modo efficace al consumatore finale”. In merito alla situazione specifica dell’ortofrutta piemontese, Gullino chiede una maggiore aggregazione e strategia comune, un cappello unico per le tante OP che: “Permetta di definire un percorso comune e un marchio unico, così da aumentare il numero delle referenze per la GDO e spuntare anche un miglior prezzo”.
Le esperienze estere: Spagna e Polonia
Come accennato inizialmente, essenziale è in questo momento il confronto con gli operatori frutticoli di altri Paese europei. Proprio per arricchire le esperienze con visioni internazionali sono stati ospitati in streaming un player spagnolo, Llorenç Frigola della cooperativa Girona Fruits, che ha offerto una panoramica sulla filiera frutticola spagnola, e Miroslaw Maliszewski, Presidente dell’Associazione dei coltivatori di frutta polacchi ZSRP, che ha tracciato la storia e le attività della filiera delle pomacee.
Quanto è competitiva la filiera?
A Mario Schiano Lo Moriello, analista di mercato Ismea, è stato demandato il compito di proseguire gli interventi con un’analisi basata su dati oggettivi e di respiro internazionale. Nel suo intervento dal titolo
“La competitività della filiera frutticola italiana nel contesto internazionale turbolento”, Schiano Lo Moriello ha inizialmente presentato i numeri del settore che vede, con specifico riferimento alla frutta fresca, un calo della superficie investita di 10.500 ettari in cinque anni (-4,2% vs 2018) e una produzione pari a 5,3 milioni di tonnellate, -320 milioni di chili in 5 anni, con un valore della produzione alla fase agricola pari a 3.200 milioni di euro (+7,2 vs 2018).
Da osservare con molta attenzione le esportazioni, pari a 3 miliardi di euro, +435 milioni in 5 anni (+17%). Come già anticipato da altri relatori: “Il quadro in cui operano i frutticoltori è sempre più complesso, basti pensare al cambiamento climatico, che porta con sé nuove problematiche, come l’alterazione dei cicli biologici delle colture, danni alle produzioni sia per qualità che per quantità. Quali le possibili soluzioni? A nostro parere occorre puntare su ricerca, innovazione, comunicazione e promozione. Per raggiungere questi obiettivi occorre una aggregazione dei produttori, sia per mettere insieme il prodotto (l’offerta), le risorse finanziare e l’ingegno, che per definire strategie univoche e condivise”.
GDO e Normal Trade e il valore della frutta
Il convengo è poi proseguito con la tavola rotonda, moderata sempre da Salvo Garipoli di SG Marketing, dal titolo “Il valore della frutta per il mercato che cambia: il ruolo del territorio e le strategie di sostegno alla categoria in GDO e nel Normal Trade”.
Sono intervenuti Gianluca Cornelio Meglio, Direttore Generale di CAAT, Centro Agroalimentare Torino SCPA; Giovanni D’Alessandro, Direttore di canale Basko e Lead Director Progetto Retail Gruppo Sogegross; Fabio Ferrari, Direzione Commerciale Food Coop Italia, buyer ortofrutta.
Gianluca Cornelio Meglio ha ricordato come la valorizzazione dell’ortofrutta possa passare dai distretti, che favoriscono i localismi come momento di promozione del territorio e creazione di reti. Ha raccontato
come il CAAT non abbia solo funzioni amministrative, ma sia un vero e proprio: “Acceleratore di sviluppo per le imprese. Penso ai servizi di digitalizzazione che offriamo; penso al ruolo di facilitatore dell’export, non per altro siamo iscritti alla Chambre de Commerce Franco Italienne. Lavoriamo con altri enti per implementare un sistema di certificazione di qualità di ‘identità del territorio’ da conferire al prodotto che transita dal CAAT e viene sottoposto a verifiche. Siamo un vero ecosistema, che ci impegniamo a raccontare all’esterno, valorizzando le persone e mantenendo forte il legame con il territorio”.
Ugualmente importante il punto di vista di un altro spaccato della filiera, quello della GDO. Sogegross, nei suoi punti di vendita Basko, dedica uno spazio all’ortofrutta – a parità di superficie – superiore dell’8% a quello delle altre insegne. Parte proprio da qui la disamina di Giovanni D’Alessandro, che precisa come: “Forte sia l’attenzione da parte nostra nei confronti delle filiere dei territori, piemontese compresa. Un particolare impegno mettiamo nella costruzione delle partnership e nei confronti delle filiere ortofrutticole. Tipicamente, prediligiamo le gamme complete – ovvero numerose varietà dello stesso prodotto – quando siamo in stagione; per valorizzare i prodotti cerchiamo di raccontare direttamente in reparto le caratteristiche delle singole referenze”. D’Alessandro lascia un messaggio al mondo della produzione: “Per noi è giunto il momento della selezione delle aziende con cui collaborare; preferiamo infatti costruire un rapporto tailorizzato con poche imprese produttive che ci garantiscano però costanza nella qualità da presentare a scaffale”.
Cosa accade se i singoli attori della filiera non hanno un terreno comune su cui dibattere? Fabio Ferrari di Coop fa riferimento proprio al concetto di territorialità per raccontare come vi siano visioni diverse, a tutto svantaggio di un processo di sviluppo comune. “Da una parte – spiega – è ormai noto che il consumatore sia disposto ad acquistare e spendere di più nel momento in cui si trova di fronte a un prodotto dal posizionamento premium. Dall’altra, giustamente, gli operatori si attendono un ritorno economico maggiore. La frammentazione dei produttori non incontra le necessità della GDO, che lavora con volumi importanti. Cosa fare dunque? Come Coop abbiamo scelto di valorizzare i prodotti del territorio e quelli locali attribuendo un posizionamento medio-alto, raccontandoli e facendoli emergere a scaffale. Ogni cooperativa attribuisce un nome specifico alle referenze: ‘OrtoQui’ è per esempio il marchio collettivo scelto proprio da Coop Consorzio Nord Ovest per identificare i prodotti tipici locali, ortaggi e frutta, coltivati in Liguria, Lombardia e Piemonte. Oltre a ciò, laddove possibile, se sono presenti i volumi, si cerca sempre di valorizzare il prodotto attribuendo il marchio Fior Fiore”. Completa lasciando un messaggio che è il fil rouge dell’intero convegno: “Essenziale è che la filiera impari a fare rete”.
Per una conclusione “attiva”
Poste le sfide e le criticità del comparto, dal convegno sono emerse con chiarezza delle indicazioni per un prosieguo strategico dell’impegno di ciascun player: “Lavorare – completa Salvo Garipoli – sul miglioramento del processo produttivo e logistico; sull’innovazione varietale; sulla comunicazione al consumatore. I dati ci dicono che il cliente finale è disposto a spendere per un prodotto del territorio; che nonostante un calo nei volumi, sia propenso a mangiare più frutta e verdura anche nel fuori pasto – prova ne è l’interesse dell’industria che sta abbinando la frutta e la verdura a contesti nuovi, dall’acqua ai panificati – ecco allora che è necessario che le filiere produttive si facciano interpreti credibili di questo contesto, sempre ricordando che il mercato nel quale si trovano a competere è sempre di più globale”.
Si terrà domani 8 novembre alle ore 14.30 a Cavour (Torino) il convegno dal titolo “FRUTTA: Piemonte, Italia, Europa. Dinamiche produttive e commerciali”.
L’incontro, organizzato da Confagricoltura Cuneo e Confagricoltura Torino nell’ambito della manifestazione Tuttomele, rappresenta un’occasione di confronto dell’intera filiera frutticola per analizzare i cambiamenti e le sfide di mercato.
L’evento sarà suddiviso in diverse sezioni ognuna delle quali affronterà un tema specifico: partendo dall’analisi della competitività della filiera frutticola italiana nel contesto internazionale, passando per il mercato e lo sviluppo della frutticoltura in Europa sino ad arrivare a riflettere sulle possibili strategie da mettere in campo per “assegnare valore” alla frutta nel mercato che cambia.
Il convegno vedrà quindi numerosi interventi di rilevanti esponenti della filiera sia produttiva che distributiva ed offrirà informazioni sui trend della produzione e sulle dinamiche legate alla vendita.
In allegato la locandina del programma.
Nel 2023, la vendemmia in Italia ha registrato una produzione di circa 44 milioni di ettolitri, il che rappresenta un calo del 12% rispetto all’anno precedente. Questo declino è principalmente attribuibile agli effetti dei mutamenti climatici, con condizioni meteorologiche incerte e spesso estreme, inclusi un aumento significativo delle giornate di pioggia durante i primi otto mesi dell’anno scorso.
Le regioni settentrionali dell’Italia hanno mantenuto i livelli di produzione dell’anno precedente, mentre al Centro, al Sud e nelle Isole si sono verificate flessioni di circa il 20% al 30%. La diffusa malattia fungina della Peronospora, causata dalle frequenti piogge, ha colpito in particolare le regioni del Centro-Sud.
Nonostante le sfide, i primi grappoli raccolti per la produzione di spumante hanno mostrato buoni livelli di acidità e caratteristiche aromatiche promettenti, indicando potenzialmente una buona qualità per questa categoria di vini. Tuttavia, le condizioni meteorologiche durante la raccolta delle altre varietà saranno determinanti per la qualità complessiva.
La diminuzione della produzione complessiva potrebbe portare la Francia a superare l’Italia come il principale produttore mondiale di vino, anche se questo dipenderà dalle condizioni climatiche nelle settimane a venire.
Il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella, ha sottolineato le sfide della vendemmia 2023, attribuendole in gran parte ai cambiamenti climatici. Ha anche sottolineato l’importanza del lavoro degli enologi nel mitigare gli effetti negativi del clima instabile.
Il Commissario straordinario di Ismea, Livio Proietti, ha notato che la contrazione nella produzione non dovrebbe essere motivo di preoccupazione a causa delle elevate giacenze di vino accumulate negli anni precedenti. Tuttavia, ha evidenziato il bisogno di concentrarsi sulla qualità e sulla competitività del settore.
L’approccio del presidente dell’Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi, è orientato verso una riforma strutturale del settore vitivinicolo italiano, con l’obiettivo di migliorare la qualità e l’immagine dei vini italiani sui mercati internazionali.
Nel complesso, la vendemmia 2023 in Italia è stata influenzata da sfide climatiche e fitosanitarie, ma offre ancora buone prospettive in termini di qualità del vino, sebbene la quantità sia diminuita rispetto all’anno precedente. L’industria del vino sta cercando soluzioni innovative per affrontare i cambiamenti climatici e migliorare la gestione delle coltivazioni e delle produzioni.
L’ultimo report di Mediobanca sul settore del vino fornisce un quadro incoraggiante delle opportunità di crescita e di investimento nel settore.
- Crescita delle operazioni di M&A: Negli ultimi anni, il settore vinicolo italiano è stato caratterizzato da un aumento delle operazioni di fusione e acquisizione. Nel 2021, il valore complessivo delle operazioni di M&A nel settore globale del vino è cresciuto in modo significativo, raggiungendo gli 8,1 miliardi di dollari. In Italia, le transazioni sono state pari a 496 milioni di euro, registrando una crescita del 119% rispetto al 2019. Questo indica una crescente fiducia degli investitori nel settore.
- Competitività globale: Le aziende vinicole italiane stanno cercando di aumentare la loro dimensione aziendale per diventare più competitive sui mercati internazionali. Questo significa che ci sono opportunità di investimento per chi desidera contribuire a questo processo di crescita, sia finanziando le aziende esistenti che cercando di avviare nuovi progetti vinicoli.
- Interesse di investitori di settori diversi: L’industria del vino sta attirando sempre più capitali da imprenditori provenienti da diversi settori. Questo è evidente nei casi di imprenditori di successo come Renzo Rosso (patron di Diesel) e Sandro Veronesi (patron del Gruppo Calzedonia) che hanno investito nel settore vinicolo. Questi imprenditori portano con sé esperienza e risorse che possono contribuire al successo delle aziende vinicole.
- Espansione internazionale: Il settore vinicolo italiano sta espandendo la sua presenza internazionale attraverso operazioni di M&A. Questo è evidente negli accordi con investitori statunitensi e francesi, che dimostrano l’appeal internazionale dei vini italiani.
- Opportunità di consolidamento: Molte aziende vinicole italiane stanno cercando di consolidare la loro posizione attraverso fusioni e acquisizioni. Questo offre opportunità di investimento per coloro che desiderano partecipare alla crescita di un settore in continua evoluzione.
In conclusione, il settore del vino in Italia offre un’ampia gamma di opportunità di investimento per i giovani imprenditori. Le operazioni di M&A in aumento, l’interesse di investitori provenienti da diversi settori e l’espansione internazionale del settore sono tutti segnali positivi per chi desidera entrare in questo affascinante mondo. Investire nel vino non solo può essere un investimento redditizio, ma può anche contribuire a preservare e promuovere una delle tradizioni più preziose dell’Italia.