La tutela delle forme nel mondo del vino

di Jacopo Liguori  – Withers special counsel e Chiara Oppido. Withers Studio Legale.

Nel corso degli ultimi anni l’estetica dei prodotti industriali è diventata uno strumento concorrenziale sempre più importante, in quanto capace di garantire alle imprese un vantaggio competitivo significativo. Nel mondo del vino, in particolare, è diventato sempre più importante tutelare non solo il processo produttivo ma altresì l’aspetto estetico del prodotto finale. Vi è infatti una crescente tendenza delle imprese del settore ad investire in forme creative che siano in grado di contraddistinguere i propri prodotti e attirare i consumatori.

È dunque importante avere un quadro chiaro degli strumenti di tutela offerti dall’ordinamento, sia nazionale che europeo.

Al fine di tutelare la forma di un prodotto è possibile ricorrere, a seconda delle circostanze, a uno dei seguenti strumenti: (1) il modello, (2) il marchio tridimensionale, (3) la concorrenza sleale per imitazione servile e (4) il diritto d’autore. È bene altresì sottolineare che, vista la diversità di funzioni, è anche possibile un cumulo tra le varie forme di tutela.

  1. Disegni e modelli

Nell’ambito della proprietà intellettuale, la tutela dell’aspetto esteriore del prodotto è affidata agli istituti giuridici del modello e del disegno. Si utilizza il termine disegno nel caso di immagini bidimensionali (come le decorazioni, le linee e i colori di un prodotto), mentre il termine modello è riferito alle forme tridimensionali (quale ad esempio la forma di una bottiglia o di un cavatappi). Il disegno o modello mirano a tutelare unicamente l’aspetto estetico del prodotto, a prescindere dai suoi caratteri tecnici e/o funzionali.

Ma cosa si intende per prodotto? La definizione di prodotto adottata dal legislatore, sia comunitario che nazionale, è piuttosto ampia e comprende qualsiasi oggetto industriale o artigianale, inclusi i componenti da assemblare per formare un prodotto complesso, gli imballaggi, le presentazioni, i simboli grafici e i caratteri tipografici.

Affinché il disegno o modello possa essere validamente registrato, è necessario che ricorrano tre requisiti fondamentali: la novità, il carattere individuale e la liceità.

Un disegno o modello si considera nuovo qualora nessun disegno o modello identico sia già stato divulgato al pubblico in precedenza. Prima di depositare la domanda è dunque importante effettuare le c.d. ricerche di anteriorità, al fine di assicurarsi che un simile disegno o modello non sia già stato registrato da altri. Inoltre, è bene evitare qualsiasi tipo di divulgazione del disegno o modello anteriormente al deposito della domanda, sebbene sia possibile beneficiare del c.d. periodo di grazia. Infatti, il legislatore ha previsto che il requisito della novità non viene meno qualora il disegno o modello sia stato reso accessibile al pubblico nei 12 mesi antecedenti la domanda. In questo modo, viene data la possibilità all’impresa di testare le reazioni del mercato e valutare se sia o meno conveniente richiedere la registrazione. Allo stesso modo, il disegno o modello non si considera divulgato se rivelato ad un terzo sotto un accordo di riservatezza.

Il carattere individuale si riferisce invece alla diversa impressione che il modello o disegno è in grado di suscitare nel consumatore informato rispetto a qualsiasi altro modello o disegno già esistente. Infine, il requisito della liceità sussiste qualora il modello o disegno non sia contrario all’ordine pubblico o buon costume.

Con la registrazione il titolare acquista il diritto esclusivo alla realizzazione e commercializzazione del disegno o modello per un periodo di 5 anni, a decorrere dalla data di presentazione della domanda, con possibilità di richiedere una o più proroghe fino ad un massimo di 25 anni. La registrazione del disegno o modello consente quindi al titolare di vietare che terzi possano utilizzare il disegno o modello registrato (e dunque trarre un vantaggio economico) senza il suo previo consenso.

Alla tutela nazionale si affianca quella dell’Unione Europea prevista dal Regolamento (CE) n. 2002/6 sui disegni e modelli comunitari. Si tratta di un titolo unitario avente validità in tutti i Paesi membri dell’Unione Europea, che è chiamato a coesistere con il disegno o modello nazionale. In questo modo, tramite un’unica domanda, è possibile ottenere una tutela più estesa all’interno dell’Unione, con una riduzione anche dei costi e dei tempi che deriverebbero dalla presentazione di singole istanze. I presupposti per la protezione del disegno o modello comunitario sono sostanzialmente identici a quelli previsti dal diritto interno. Anche in tal caso si richiede infatti il carattere individuale e la novità. L’obiettivo è quello di garantire all’interno dei Paesi membri una disciplina uniforme indipendentemente dallo strumento utilizzato.

Così come per il disegno o modello nazionale, la tutela accordata è di 5 anni, prorogabile fino ad un massimo di 25 anni.

Il Regolamento prevede altresì una forma di tutela temporanea per il disegno o modello comunitario non registrato. In questo caso il diritto di esclusiva discende direttamente dall’esistenza del disegno o modello, senza che sia necessaria alcuna registrazione. La protezione è limitata a 3 anni e decorrere dalla data di prima divulgazione del disegno o modello all’interno dell’Unione Europea. La tutela è poi meno intensa in quanto permette di opporsi soltanto verso copie del prodotto che non sono frutto di una coincidenza creativa.

Data la natura temporanea e l’assenza di particolari formalità, tale tipo di tutela si rivela particolarmente utile nel caso di prodotti destinati a rimanere sul mercato per un breve periodo di tempo. In questo modo le aziende posso comunque beneficiare di una tutela contro la copiatura del prodotto divulgato, senza dover sostenere i costi connessi al disegno o modello registrato.

  1. Il marchio tridimensionale

Oltre al disegno e modello, un altro strumento di tutela è rappresentato dal marchio tridimensionale. Anche in tale ambito è intervenuta l’Unione Europea con un processo di armonizzazione delle leggi nazionali in materia di marchi al fine di garantire un’uniformità di tutela in tutti i Paesi membri.

Il diritto interno prevede la possibilità di registrare come marchio, qualora ricorrano i requisiti previsti dalla legge, anche la forma del prodotto o della sua confezione, conferendo al titolare il diritto di impedire che terzi possano utilizzare il marchio senza il suo consenso o depositare un marchio successivo uguale o simile per classi di prodotti o servizi identiche o affini. Tuttavia, va evidenziato che il nostro ordinamento tutela (ma con minore intensità) anche il c.d. marchio di fatto, per tale intedendosi il marchio non depositato ma utilizzato dall’impresa per contraddistinguere i propri prodotti o servizi. Mentre il marchio registrato gode di una presunzione assoluta di titolarità, quello di fatto deve essere dimostrato. Ciò vuol dire che il titolare sarà tenuto a provare la notorietà del marchio e il suo effettivo uso in un dato territorio o a livello nazionale.

Oltre ai requisiti della novità e liceità, il marchio tridimensionale deve essere caratterizzato da una capacità distintiva, ovvero deve essere in grado di comunicare al consumatore l’origine commerciale del prodotto, a prescindere da eventuali scritte o altre indicazioni presenti sul prodotto. In altre parole, la forma (o confezione) deve essere tale da permettere al consumatore di distinguere chiaramente quel prodotto dagli altri in commercio. Ne deriva che la forma, per avere una simile capacità comunicativa, non può essere banale e/o comune.

Talvolta, la forma di per sé priva di capacità distintiva può acquisire tale capacità attraverso l’uso prolungato sul mercato e una buona strategia di marketing, sicchè il consumatore finisce per associare determinati prodotti ad una specifica impresa (fenomeno del c.d. secondary meaning). Il c.p.i. ammette espressamente la possibilità di registrare come marchio i segni che abbiano acquisto un secondary meaning nel tempo, conseguendo una capacità distintiva in origine assente.

È proprio in relazione a tale fenomeno che può cogliersi la differenza di funzioni tra il disegno o modello e il marchio tridimensionale. Il primo riguarda la capacità attrattiva della forma in sè considerata, ovvero insita nell’aspetto del prodotto. Il secondo invece si riferisce a qualcosa di più, ovvero alla capacità della forma di indicare al consumatore l’impresa produttrice e quindi l’origine commerciale del prodotto. Ne deriva che la forma, ove presenti i requisiti prescritti, può essere tutelata inizialmente come disegno o modello (godendo anche della normativa europea in materia di disegni o modelli non registrati), e, successivamente, una volta acquisita la capacità distintiva sul mercato, anche come marchio.

Il classico esempio è quello della bottiglia in vetro della Coca-Cola 010532653, che di per sè presenta una forma non idonea ad essere percepita dal consumatore come un vero e proprio segno distintivo. Tuttavia, attraverso l’uso e la massiccia attività di marketing, nel corso degli anni la bottiglia della Coca-Cola ha acquisito una sua popolarità e distintività, ovvero un secondary meaning. Ad oggi, infatti, il consumatore è in grado di cogliere l’origine commerciale del prodotto dalla sola forma che lo caratterizza.

Nel caso, invece, della bottiglia Bottega Gold 011531381 di Bottega spa è stata riconosciuta la sussistenza ab origine della capacità distintiva del marchio, data principalmente dalla forma della bottiglia nota come “collio” e dalla colorazione dorata a specchio, oltre che dalla presenza della lettera “B” e di una fiammella satinata disegnata sul fronte della bottiglia. Il marchio è stato registrato come tridimensionale ma presenta caratteristiche che attengono tanto alla forma quanto alla grafica. Ciò significa che la verifica circa la capacità distintiva deve avere ad oggetto il marchio nel suo complesso e non già essere limitata agli elementi costitutivi individualmente considerati.

La registrazione come marchio è esclusa nel caso in cui la forma sia imposta dalla natura del prodotto o sia necessaria per conseguire un risultato tecnico o, ancora, sia tale da conferire un valore sostanziale al prodotto. Quest’ultimo tipo di impedimento ricorre nel caso in cui la forma presenti una tale capacità attrattiva da incidere in maniera sostanziale sulla scelta del consumatore al momento dell’acquisto. La ratio è quella di evitare la formazione di monopoli a durata indefinita su forme per le quali il legislatore ha previsto specifici strumenti di tutela a durata limitata nel tempo, quali i disegni e i modelli registrati. A differenza del disegno o modello, la protezione del marchio ha infatti una durata di 10 anni ed è rinnovabile in maniera illimitata.

Il marchio tridimensionale è tutelato altresì dalla normativa europea che prevede il c.d. marchio europeo, attualmente disciplinato dal Regolamento (UE) n. 2017/100. Così come per il disegno o modello, il fine è quello di creare un sistema di protezione del marchio a livello dell’Unione Europea, che si affianchi alla tutela già prevista a livello nazionale dai singoli Stati membri. È lasciata all’impresa la libertà di scegliere se richiedere la protezione unicamente tramite il marchio nazionale o il marchio UE o se ricorrere ad entrambi.

  1. L’imitazione servile

Nell’ambito dei segni distintivi può assumere altresì rilievo la cosiddetta concorrenza sleale per imitazione servile prevista dall’art. 2598 c.c., che permette all’imprenditore di vietare ai concorrenti l’imitazione delle caratteristiche distintive esterne dei propri prodotti nella misura in cui sia idonea a trarre in inganno il consumatore circa l’origine commerciale dei prodotti. Ai fini dell’applicabilità della norma è quindi necessario, da un lato, il carattere distintivo della forma (in modo analogo a quanto descritto nel paragrafo precedente), dall’altro, l’idoneità (in concreto) della condotta a creare confusione tra i consumatori, senza necessità di un effettivo danno, che può essere anche solo potenziale.

La disciplina sulla concorrenza sleale prevede altresì un’altra ipotesi tipica che è quella dell’appropriazione di pregi (art. 2598, n. 2, c.c.), applicabile nel caso in cui vi sia un approfittamento della notorietà e successo del prodotto altrui, ovvero uno sfruttumento del lavoro realizzato da altri al fine di trarre un indebito vantaggio.

  1. Il diritto d’autore

Infine, il cumulo di protezione è oggi ammesso anche sotto il profilo del diritto d’autore. È infatti possibile che una stessa forma possa essere tutelata sia come modello o marchio tridimensionale sia come opera d’ingegno in base al diritto d’autore.

Tuttavia, la tutela del diritto d’autore ha un ambito di applicazione più ristretto, in quanto limitato alle opere che presentino un carattere creativo e un valore artistico. In pratica, ciò significa la tutela del diritto d’autore è riservata alle opere di design, ovvero a quei prodotti che presentino forme originali apprezzabili dal punto di vista artistico, al di là del loro impiego nell’industria di riferimento. Si pensi al noto cavatappi Anna G., disegnato dall’architetto Alessandro Mendini, raffigurante una sagoma femminile e dedicato ad una donna reale, la designer Anna Gili, che è diventato un oggetto iconico del design contemporaneo proprio per le sue particolari caratteristiche e il valore artistico che racchiude.

L’opera creativa è automaticamente protetta dal diritto d’autore al momento stesso della sua creazione. Non è quindi richiesta alcuna procedura particolare. Dall’opera discendono sia diritti morali (quale il diritto alla paternità dell’opera) sia diritti patrimoniali (ossia i diritti di utilizzazione economica dell’opera).

In un panorama mondiale fatto di quarantena, di locali ristorativi costretti a chiudere e aprire continuamente le saracinesche, di fiere vinicole sospese, e dell’impossibilità agli spostamenti, era inevitabile che anche il settore vinicolo risentisse degli effetti negativi della pandemia.

Il mondo del vino non si ferma, grazie all’e-commerce

Da una ricerca condotta dalla Redazione di Vinoway è emerso che l’anno 2020 ha visto un incremento del consumo di vino tra le mura domestiche, ma un conseguente calo a livello globale del 13,6% per il vino, e del 15% sugli spumanti (questi ultimi già in calo da qualche anno). Secondo lo studio dell’International Wine & Spirits Research (IWSR), a questa riduzione farà seguito un importante rimbalzo nel 2021 che porterà, però, solo nel 2024 ai livelli abituali degli anni passati.

Le cause non sono tutte dovute al Covid-19
Ad avere influenza in questo scenario è stata non solo la quasi scomparsa a causa del Covid-19 anche dei viaggi di affari, che ha portato a conseguenze negative sul settore della ristorazione, sul retail, e sull’enoturi- smo, ma anche le incognite economiche legate alle incertezze della Brexit, e soprattutto la guerra dei dazi tra USA e Asia, in cui tra l’altro è stata coinvolta anche l’Europa.

Finora l’Italia ne è stata risparmiata, e tutto sommato nel quadro mondiale per l’esportazione di vino tricolore le cose non vanno troppo male: se il tasso di crescita degli anni passati non è che un mero ricordo, almeno il calo registrato non è stato così disastroso. Stando a quanto riscontrato dell’ISTAT, il 2020 ha segnato un contenuto calo del 3,4%, cioè dai € 5,29 miliardi dei primi 10 mesi del 2019, ai € 5,11 miliardi dei primi 10 mesi del 2020.

Una soluzione dal mondo digital
La pandemia ha rivoluzionato le nostre vite, e di conseguenza ci ha introdotti verso un radicale aggiornamento delle modalità di vendita, acquisto e consumo del vino. Con i ristoranti o le enoteche chiuse è venuto meno l’importante intermediario tra produttore e consumatore, spingendo il pubblico all’acquisto autonomo online e alla consumazione in casa. Secondo le previsioni dell’IWSR, questo trend accentuerà il cosiddetto fenomeno della “premiumisation”: il “bere meno, ma di qualità”, quindi stimolando l’acquisto di prodotti nuovi o di fascia più alta, ovvero quelli venduti fino a poco tempo fa nella ristorazione.

La gente che oggi compra vino online lo fa senza avere più il ristoratore come intermediario, viene così a mancare quel rapporto che passa anche attraverso l’assaggio, così le aziende si sono trovate improvvisamente a doversi relazionare con il consumatore finale senza un ambassador di mezzo. In Italia, ad esempio, la sospensione di due edizioni del Vinitaly ha sottratto quel momento esperienziale tanto importante, facendo tra l’altro venir meno anche il carattere promozionale ottenuto con gli innumerevoli assaggi previsti nei giorni della fiera.

Una buona mano di aiuto è arrivata dal settore digital, che infatti ha registrato una straordinaria crescita degli e-commerce, specie durante i mesi caldi del lockdown. Non è un caso se si comincia a guardare alla Cina come ad un modello da seguire, visto che il suo mercato di vino e alcolici passa per il web già per il 30%.

Non volendo rinunciare alla consumazione di vino durante il primo lockdown, gli italiani hanno ridato vigore alle piccole realtà di vicinato, influendo positivamente sulle vendite di supermercati e discount a discapito dei grandi ipermercati potenzialmente più esposti al virus, ma affidandosi anche all’acquisto da remoto: online. Secondo la ricerca di mercato IRI, oltre la metà degli italiani ha comprato vino online per la prima volta nel 2020, ed il 47% tra loro afferma che continuerà a farlo. Nonostante ciò i volumi dell’online si attestano ancora su valori minimi, crescendo dallo 0,6% all’1,1%. Piccoli numeri, ma con un ritmo di crescita così inte- ressante che dovrebbe fare accendere definitivamente i riflettori su questo relativamente nuovo canale. Le vendite in rete hanno registrato una crescita impressionante, che si attesta al 122% nel corso dell’intero 2020, e al 200% solo a marzo e aprile.

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