Nuova annata per Pinot Bianco Quota2 e debutto per il Sylvaner Ton. La storica realtà altoatesina continua ad esplorare nuovi percorsi nel segno del legame con il territorio all’interno della nuova linea Insolitus. Il desiderio di percorrere nuove vie e intraprendere percorsi innovativi non si ferma, ma anzi si arricchisce di nuove interpretazioni. L’Abbazia di Novacella, una delle più antiche cantine attive al mondo nata nel 1142, presenta le ultime novità della linea Insolitus, nata nel 2020 e dedicata alla sperimentazione.
“Dopo l’ottimo riscontro che abbiamo ricevuto lo scorso anno sia da parte degli appassionati che dalla critica di settore, non ci siamo fermati e abbiamo proseguito con grande slancio e curiosità il lavoro che stiamo portando avanti all’interno di questo nuovo spazio” spiega Werner Waldboth, direttore vendite di Abbazia di Novacella. “I motivi che ci avevano spinto a creare la linea Insolitus continuano a essere molto attuali: desideriamo sperimentare in modo coerente con la filosofia dell’Abbazia di Novacella nuove vie che ci consentano di perseguire la strada della sostenibilità adattandoci ai cambiamenti climatici in atto, non dimenticando mai il desiderio di creare vini che siano complessi e fortemente radicati al nostro territorio“.
Torna, con l’annata 2019, il Pinot Bianco Quota2 che valorizza le grandi peculiarità di questo vitigno, che in Alto Adige ha da tempo trovato un terroir di eccellenza per esprimersi e che Novacella alleva nel vigneto più a settentrione della regione. “Un’acidità particolarmente vivace, un grado alcolico contenuto e profumi freschi e delicati, sono queste le caratteristiche del nuovo millesimo” afferma Celestino Lucin, enologo di Abbazia di Novacella. “I cambiamenti climatici in atto hanno portato il Pinot Bianco a esprimersi con grande finezza anche così a Nord. Caratteristiche che emergono con nitidezza in un’annata equilibrata come la 2019“. Le vigne del Pinot Bianco Quota2 Alto Adige DOC si trovano a 650 metri di altitudine e affondano le radici su suoli composti da depositi morenici permeabili con esposizione Sud-Ovest. “Le rese per ettaro molto basse, intorno ai 50 ettolitri, la fittezza dell’impianto che raggiunge le 6000 piante per ettaro, la fermentazione e maturazione per un anno in barrique, solo per un terzo nuove, ci hanno donato un Pinot Bianco che riesce a fondere eleganza e struttura, avendo inoltre un ottimo potenziale di invecchiamento“.
La novità di quest’anno della linea Insolitus si chiama Sylvaner Ton. “L’argilla, ton in tedesco, è il materiale con il quale sono costruite le anfore dove fermenta e sosta per lungo tempo il nostro Sylvaner” continua Celestino Lucin. “Rappresentano un antico e ancestrale strumento per conservare il vino con il quale volevamo confrontarci per capire quali caratteristiche potessero apportare ad un vino di carattere e personalità come il Sylvaner.“. Da vigne posizionate a 630 metri di altitudine con esposizione a Sud e di quasi 50 anni di età, il Sylvaner Mittelberg IGT nasce dal blend di due annate, 2018 e 2019, che hanno svolto la fermentazione in anfora e poi vi hanno sostato per la maturazione rispettivamente per 24 e 12 mesi. In seguito, prima della commercializzazione, il vino ha riposato in bottiglia ancora per 8 mesi. “Abbiamo preferito non svolgere la macerazione sulle bucce delle uve perché volevamo che emergesse un timbro olfattivo più delicato, dove le fresche note fruttate si potessero unire a quelle minerali, ulteriormente intensificate dal riposo all’interno delle anfore: il risultato finale è molto complesso e ricco di personalità“.
Anche quest’anno i vini della linea Insolitus sono prodotti in pochi esemplari – 1500 bottiglie per il Pinot Bianco Quota2 e 1000 per il Sylvaner Ton – e distribuiti esclusivamente nel canale Horeca.
“Il desiderio di guardare al futuro attraverso questo vero e proprio cantiere aperto continua – conclude il direttore Werner Waldboth –. È un percorso che siamo sempre più contenti e convinti di aver intrapreso e che ci riserverà ulteriori sorprese“.
In un panorama mondiale fatto di quarantena, di locali ristorativi costretti a chiudere e aprire continuamente le saracinesche, di fiere vinicole sospese, e dell’impossibilità agli spostamenti, era inevitabile che anche il settore vinicolo risentisse degli effetti negativi della pandemia.
Da una ricerca condotta dalla Redazione di Vinoway è emerso che l’anno 2020 ha visto un incremento del consumo di vino tra le mura domestiche, ma un conseguente calo a livello globale del 13,6% per il vino, e del 15% sugli spumanti (questi ultimi già in calo da qualche anno). Secondo lo studio dell’International Wine & Spirits Research (IWSR), a questa riduzione farà seguito un importante rimbalzo nel 2021 che porterà, però, solo nel 2024 ai livelli abituali degli anni passati.
Le cause non sono tutte dovute al Covid-19
Ad avere influenza in questo scenario è stata non solo la quasi scomparsa a causa del Covid-19 anche dei viaggi di affari, che ha portato a conseguenze negative sul settore della ristorazione, sul retail, e sull’enoturi- smo, ma anche le incognite economiche legate alle incertezze della Brexit, e soprattutto la guerra dei dazi tra USA e Asia, in cui tra l’altro è stata coinvolta anche l’Europa.
Finora l’Italia ne è stata risparmiata, e tutto sommato nel quadro mondiale per l’esportazione di vino tricolore le cose non vanno troppo male: se il tasso di crescita degli anni passati non è che un mero ricordo, almeno il calo registrato non è stato così disastroso. Stando a quanto riscontrato dell’ISTAT, il 2020 ha segnato un contenuto calo del 3,4%, cioè dai € 5,29 miliardi dei primi 10 mesi del 2019, ai € 5,11 miliardi dei primi 10 mesi del 2020.
Una soluzione dal mondo digital
La pandemia ha rivoluzionato le nostre vite, e di conseguenza ci ha introdotti verso un radicale aggiornamento delle modalità di vendita, acquisto e consumo del vino. Con i ristoranti o le enoteche chiuse è venuto meno l’importante intermediario tra produttore e consumatore, spingendo il pubblico all’acquisto autonomo online e alla consumazione in casa. Secondo le previsioni dell’IWSR, questo trend accentuerà il cosiddetto fenomeno della “premiumisation”: il “bere meno, ma di qualità”, quindi stimolando l’acquisto di prodotti nuovi o di fascia più alta, ovvero quelli venduti fino a poco tempo fa nella ristorazione.
La gente che oggi compra vino online lo fa senza avere più il ristoratore come intermediario, viene così a mancare quel rapporto che passa anche attraverso l’assaggio, così le aziende si sono trovate improvvisamente a doversi relazionare con il consumatore finale senza un ambassador di mezzo. In Italia, ad esempio, la sospensione di due edizioni del Vinitaly ha sottratto quel momento esperienziale tanto importante, facendo tra l’altro venir meno anche il carattere promozionale ottenuto con gli innumerevoli assaggi previsti nei giorni della fiera.
Una buona mano di aiuto è arrivata dal settore digital, che infatti ha registrato una straordinaria crescita degli e-commerce, specie durante i mesi caldi del lockdown. Non è un caso se si comincia a guardare alla Cina come ad un modello da seguire, visto che il suo mercato di vino e alcolici passa per il web già per il 30%.
Non volendo rinunciare alla consumazione di vino durante il primo lockdown, gli italiani hanno ridato vigore alle piccole realtà di vicinato, influendo positivamente sulle vendite di supermercati e discount a discapito dei grandi ipermercati potenzialmente più esposti al virus, ma affidandosi anche all’acquisto da remoto: online. Secondo la ricerca di mercato IRI, oltre la metà degli italiani ha comprato vino online per la prima volta nel 2020, ed il 47% tra loro afferma che continuerà a farlo. Nonostante ciò i volumi dell’online si attestano ancora su valori minimi, crescendo dallo 0,6% all’1,1%. Piccoli numeri, ma con un ritmo di crescita così inte- ressante che dovrebbe fare accendere definitivamente i riflettori su questo relativamente nuovo canale. Le vendite in rete hanno registrato una crescita impressionante, che si attesta al 122% nel corso dell’intero 2020, e al 200% solo a marzo e aprile.