Oggi 15 ottobre, si celebra la Giornata internazionale delle donne rurali, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre del 2007.
“Si afferma sempre più il ruolo delle donne in agricoltura, impegnate a pieno titolo nel primario, come conduttrici d’azienda e più che raddoppiate, soprattutto grazie all’impegno delle più giovani, nelle società di capitali e di persone“. Lo ha detto Alessandra Oddi Baglioni, presidente di Confagricoltura Donna, analizzando il trend positivo degli ultimi anni.
In Piemonte, le imprese attive condotte al femminile rappresentano il 27.9% del totale. “Orientate verso la diversificazione e la multifunzionalità, in azienda, il ruolo della donna cresce di importanza dove all’attività agricola tradizionale si associano altri servizi, come per esempio l’ospitalità negli agriturismi, nelle fattorie didattiche o più semplicemente nelle aziende che praticano la vendita diretta” conferma Paola Sacco presidente di Confagricoltura Donna Piemonte e di Confagricoltura Alessandria, conduttrice di un’azienda agricola di circa 270 ettari, col marito e la figlia.
“La percentuale di donne che hanno fatto richiesta e beneficiato della misura sulla diversificazione” dice Lella Bassignana Presidente di Agripiemonteform (Ente per la formazione professionale di emanazione della Confagricoltura del Piemonte) di Confagricoltura – “è superiore rispetto a quelle degli imprenditori confermando l’attitudine delle imprenditrici per le attività rurali non prettamente tradizionali, che richiedono competenze nel gestire il rapporto con il pubblico e nel formulare un’offerta più composita delle proprie attività. Le imprenditrici non solo si rilevano “più smart”, “più green”, “più inclusive”: l’utilizzo delle rilevazioni aeree via satellite, con i droni e le etichette parlanti capaci d’individuare la provenienza dei prodotti, produzioni di agroenergie, nel biologico, le aziende sociali“.
“Decidere di investire per sviluppare l’imprenditoria femminile, conclude Lella Bassignana, significa anche impegnarsi per accrescere opportunità, ridurre il divario di genere, conciliare i tempi di vita con il lavoro ripensando ai servizi di sostituzione“.
Senza interventi si va verso l’abbandono del comparto.
“L’emergenza determinata dalla siccità ha aggravato significativamente la situazione di difficoltà economica degli allevamenti a causa della scarsa disponibilità di foraggi di primo taglio, della contrazione della produzione di mais di primo raccolto e della compromissione delle coltivazioni di secondo raccolto, quali mais, sorgo, panico ed erbai vari“. Enrico Allasia, presidente Confagricoltura Piemonte, esprime preoccupazione per lo stato di salute del comparto degli allevamenti bovini; la questione è stata affrontata ieri (7 settembre) al tavolo di filiera che si è riunito all’assessorato regionale all’Agricoltura guidato da Marco Protopapa, al quale hanno partecipato il presidente della sezione allevamenti bovini da carne di Confagricoltura Piemonte Alberto Brugiafreddo e il vice direttore dell’organizzazione agricola Paolo Bertolotto.
Dall’incontro è emerso che, in base ad uno studio condotto su un campione rappresentativo di aziende, aggiornato alla luce dei recenti forti rincari delle materie prime e dell’energia, gli allevamenti di bovini registrano attualmente una perdita di 41 centesimi al chilogrammo (peso vivo, riferito a capi maschi) rispetto al prezzo massimo rilevato dai mercuriali della Camera di commercio di Cuneo.
La scarsa redditività degli allevamenti spinge gli allevatori all’abbandono delle stalle; nel 2010 in Piemonte c’erano 3.625 allevamenti di bovini da carne con 264.488 capi; attualmente il numero delle stalle è sceso a 2.828, con 239.821 capi bovini allevati. In un decennio praticamente una stalla su cinque ha chiuso i battenti.
“È una situazione che ci preoccupa – dichiara Enrico Allasia – perché in assenza di misure adeguate, si rischia di andare incontro a una forte contrazione degli allevamenti, anche a causa dei probabili aumenti delle materie prime che si profilano nei prossimi mesi a seguito del peggiorare della crisi dovuta al conflitto russo-ucraino. Per questi motivi – aggiunge Allasia – oltre ai sostegni diretti agli allevatori già previsti a livello comunitario e nazionale e a quelli indispensabili e urgenti finalizzati a contenere il costo dell’energia, sarebbe importante che nelle sedi istituzionali competenti si promuovessero azioni, anche strutturali, idonee a riposizionare sul mercato, in un ambito economicamente sostenibile, la carne di bovino e in particolare quella della razza Piemontese certificata“.
I vigneti del Novarese e del Canavese scheletrizzati dal coleottero polifago. Allasia: “Vanno potenziati monitoraggi e piani di intervento: i danni devono essere ristorati”.
“Stiamo ricevendo dalle nostre sedi territoriali, in particolare delle province di Novara, Vercelli e Torino, segnalazioni di un forte aumento degli attacchi di Popillia – afferma Enrico Allasia presidente di Confagricoltura Piemonte – in particolare su vite e piccoli frutti, ma più in generale su tutte le colture agrarie. I danni sono rilevanti e si aggiungono all’emergenza siccità; per questo è necessario un piano straordinario di interventi”.
La Popillia japonica si sta diffondendo progressivamente in Piemonte almeno dal 2015. Si tratta di un insetto nocivo: è un coleottero scarabeide che vive parte della sua vita allo stadio di larva o pupa nel terreno (da luglio/agosto a fine maggio dell’anno successivo), soprattutto nei prati irrigui e in altre colture irrigue nutrendosi delle radici. Da inizio giugno fino a fine agosto è presente l’adulto, che si nutre di numerose specie di piante, tra cui alberi da frutto, vite, nocciolo, piccoli frutti, mais, soia, piante ortive e ornamentali (es. melanzana, basilico, rosa, glicine), essenze forestali e specie selvatiche (per esempio tiglio, betulla, olmo, rovo, ortica). Ha un comportamento gregario e quindi gli adulti possono essere presenti in gran numero su una o più piante vicine, provocando estese erosioni a carico di foglie, fiori e frutti in maturazione. “Nel pieno dell’infestazione – chiarisce Marco Boggetti, responsabile dell’area tecnica ambiente di Confagricoltura Piemonte – sono sufficienti poche ore per defogliare, per esempio, un vigneto o un impianto di piccoli frutti e comprometterne la produttività“.
Per la difesa delle produzioni è possibile effettuare trattamenti con prodotti fitosanitari, ma molto spesso sono necessari più interventi, anche ravvicinati, che comportano un notevole dispendio economico. Anche i metodi a minore impatto, che utilizzano trappole e antagonisti, sono di gestione molto onerosa, sia dal punto di vista logistico, sia sotto il profilo dei costi.
“Siamo consapevoli che la Regione Piemonte ha ben presente questa problematica – aggiunge Allasia – e di come la stia gestendo con opportuni piani di monitoraggio e lotta. Tuttavia, come indicano i monitoraggi stessi, le infestazioni di Popillia quest’anno, anche per l’inverno mite che ha favorito la sopravvivenza delle larve, sono aumentate in maniera esponenziale, provocando danni insostenibili alle colture, con la prospettiva di un ulteriore peggioramento della situazione nelle prossime campagne, anche per la prevedibile rapida diffusione dell’insetto nelle zone del Piemonte che sino a oggi sono state risparmiate.
Alla Regione chiediamo interventi tempestivi, deroghe all’uso di prodotti fitosanitari già in commercio e autorizzazioni all’impiego di prodotti più specifici, nonché bollettini che possano guidare con precisione gli interventi. Confagricoltura e le aziende agricole sono disponibili a collaborare in progetti regionali o universitari per il controllo dell’insetto, ma necessitano di uno scambio di informazioni tempestivo e continuo nell’applicazione di tutte le tecniche di lotta. Inoltre le zone incolte e arborate devono essere bonificate per evitare poi successive migrazioni. Tutte le azioni devono essere guidate dagli esperti del settore fitosanitario e non solo nel periodo di volo dell’insetto, ma soprattutto durante la fase di svernamento, cercando di ridurre al minimo già la presenza di larve nel terreno. Oltre a intensificare e rendere più efficace la lotta all’insetto, alla Regione chiediamo anche di individuare le possibili modalità di aiuto per gli agricoltori colpiti, in modo da sostenerli nell’attività di lotta e ristorarli dei danni subiti, che si aggiungono a tutte le difficoltà che sta attraversando attualmente il comparto agricolo per la siccità, l’aumento incontrollato dei costi di produzione e lo sconvolgimento delle dinamiche di mercato dovuto alle crisi internazionali“.
Le previsioni meteorologiche per il Piemonte per i prossimi giorni indicano condizioni soleggiate e temperature tendenti a portarsi su valori primaverili .
Negli ultimi giorni del mese potrebbe presentarsi una depressione con aumento della nuvolosità e qualche pioggia sparsa, che si rivelerebbe provvidenziale per le campagne, che soffrono di una crisi idrica a livelli estremi.
“Verso la fine di questa settimana – spiega Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte – con l’innalzamento delle temperature minime gli agricoltori avvieranno la maggior parte delle semine delle colture primaverili, con molte difficoltà dovute alla siccità, ai costi energetici e ai prezzi”.
I tecnici di Confagricoltura Piemonte spiegano che, in primo luogo, nei mesi a venire senza una dotazione di acqua significativa sarà pressoché impossibile realizzare una produzione soddisfacente.
“Inoltre i costi stanno lievitando in misura esponenziale. Il gasolio agricolo, rispetto a un anno fa, è aumentato del 48%, mentre l’urea è rincarata addirittura del 270%”, chiarisce Ercole Zuccaro, direttore di Confagricoltura Piemonte.
Da qualche settimana a Ferrara ha sospeso temporaneamente l’attività l’unico impianto italiano per la produzione dell’urea, concime azotato largamente usato nella concimazione del mais e degli altri cereali, di proprietà della multinazionale norvegese Yara Cara International; con il prezzo del gas ai livelli attuali per l’industria non risulta più conveniente produrre urea e ammoniaca.
Oggi l’urea arriva in quantità modeste da altri Paesi, prevalentemente dall’Egitto. “Gli approvvigionamenti di concimi azotati sono ridotti – dichiara Marco Boggetti, responsabile dell’area tecnica ambiente di Confagricoltura Piemonte – e seminare mais è problematico per gli alti costi di fertilizzazione. Complice la siccità, gli agricoltori stanno orientando le loro scelte anche verso soia, pisello proteico ed erba medica, definite colture azoto-fissatrici perché in grado di catturare l’azoto presente nell’atmosfera”. Nei terreni più secchi e collinari, che non potranno essere irrigati, si seminerà anche il girasole. Chi può utilizza la concimazione organica, con il letame o con il digestato proveniente dagli impianti per la produzione di biogas, prodotto quest’ultimo che è anche un ottimo ammendante.
Il problema dei costi di produzione impatterà pesantemente sul bilancio delle imprese agricole. “I nostri tecnici hanno fatto un rapido conto – spiega il direttore di Confagricoltura Piemonte Ercole Zuccaro – prendendo a base la superficie di mais che è stata seminata l’anno scorso. In Piemonte sono coltivati circa 132.000 ettari di mais: ipotizzando un impiego medio di 3 quintali di urea ettaro, in quanto il concime viene utilizzato in abbinamento ad altri fertilizzanti minerali e organici, il costo riferito a questa operazione l’anno scorso era di circa 120 euro. Quest’anno lo stesso intervento costerà 320 euro e solo per la concimazione azotata si spenderanno complessivamente 26,4 milioni di euro in più. È per questo che gli agricoltori cercano di risparmiare anche su queste pratiche”.
In generale, per quanto riguarda la dotazione di nutrienti, ci sarà un impoverimento dei terreni – spiegano i tecnici di Confagricoltura – ma perlomeno si inizierà a risparmiare sui costi di produzione, a fronte di raccolti incerti per la scarsità di acqua, senza contare che la fiammata dei listini dei cereali, che in questo periodo hanno visto aumentare le quotazioni anche del 100% rispetto a un anno fa, potrebbe subire, di qui alla fine dell’anno, una flessione dei prezzi.
In questa situazione per le aziende zootecniche è indispensabile puntare il più possibile sulla capacità di auto-approvvigionamento di foraggi e cereali. Le quotazioni dei bovini da carne, dei suini e del latte, in particolare, sono pressoché stazionarie e gli allevatori non riescono più a compensare l’impennata dei costi di produzione. “Per chi deve approvvigionarsi in misura significativa di mangimi al di fuori dell’azienda la situazione sta diventando insostenibile – commenta il presidente Confagricoltura Piemonte Enrico Allasia – e per questo nelle settimane scorse abbiamo chiesto alla Regione Piemonte un momento di confronto con l’intera filiera lattiero casearia per evitare la chiusura delle stalle. La costituzione di una mandria efficiente, in grado di realizzare produzioni zootecniche di qualità, richiede investimenti, selezione genetica ed esperienza: quando si chiude un allevamento è per sempre e il sistema agroalimentare del made in Italy non può permettersi il lusso di correre un rischio del genere, soprattutto in un momento in cui diventa fondamentale rafforzare la produzione interna”.