Pilzwiderstandfähig (in acronimo PIWI) indica i vitigni resistenti ai funghi, una delle frontiere del vino che guarda al futuro. Mercoledì 13 aprile (ore 13:30), nello spazio della Regione Veneto (Pad. 4), presentazione dello stato di avanzamento di un progetto regionale e degustazione ad hoc a cura dell’Agenzia regionale.
“PIWI”, sta per pilzwiderstandfähig, ovvero i vitigni resistenti ai funghi. Mercoledì 13 aprile (ore 13:30), questo interessante tema sarà affrontato, presso lo stand della Regione Veneto al “Vinitaly” (Pad. 4), in occasione di un focus promosso da Veneto Agricoltura. Obiettivo: fare il punto sullo stato di avanzamento di un progetto pluriennale regionale che punta alla riduzione dell’utilizzo dei fitofarmaci in viticoltura. Si tratta di un’attività sperimentale avviata alcuni anni fa per individuare soluzioni ad un problema serio per i viticoltori, specie di fronte agli evidenti mutamenti climatici in atto, ed agli orientamenti che stanno assumendo i consumatori rivolti sempre più verso prodotti frutto di un’agricoltura sostenibile e a bassa immissione di input.
Le selezioni di vitigni PIWI, che datano tra il 1880 e il 1935, hanno fornito in passato vitigni dalle uve di qualità non sempre ottimale. Da allora però molti passi in avanti sono stati fatti, tanto che oggi il vino ottenuto dai vitigni resistenti difficilmente è distinguibile da quello prodotto con vitigni tradizionali.
In questo campo, Germania, Austria e Svizzera sono tra i Paesi più attivi in fatto di selezione, valutazione e coltivazione. Nel Veneto, l’introduzione alla coltura di alcuni di questi vitigni resistenti è avvenuta nel 2014, e strada ne è stata fatta parecchia. Il focus in programma mercoledì al Vinitaly servirà proprio a fare il punto sullo stato di avanzamento di un’intensa attività di ricerca e sperimentazione dalla quale i produttori attendono precise valutazioni e indicazioni produttive.
La ricerca e la sperimentazione in Italia vedono particolarmente attive, assieme a Veneto Agricoltura, la Fondazione Edmund Mach – Istituto Agrario San Michele all’Adige, l’Università di Udine, Innovitis (Istituto privato con sede a Bolzano) e il CREA-VE, che ha iniziato un lavoro di selezione per produrre vitigni resistenti a partire dalla Glera e dal Raboso Piave.
Al termine dell’incontro è prevista una degustazione guidata di alcuni vini prodotti da varietà resistenti a bacca bianca, come il Fleurtai, Muscaris, vari Sauvignon, e nera quali il Prior.
Nel Veneto sono 24 le varietà “resistenti” finora autorizzate. I progetti regionali sulla caratterizzazione di quelli vs peronospora ed oidio, vedono impegnata anche Veneto Agricoltura. Vigneti sperimentali nell’area del Lison-Pramaggiore (VE) e nel bellunese.
Lo chiede l’opinione pubblica, lo richiede il mercato, lo supplica l’ambiente: l’agricoltura deve ridurre l’uso della chimica, compreso il settore vitivinicolo. Ed è proprio nell’ottica di una politica regionale che punta a ridurre l’uso di prodotti fitosanitari in viticoltura, soprattutto in alcune complesse situazioni locali, che sta prendendo forza la strategia di utilizzare varietà di vite “resistenti” alle principali fitopatie. Si tratta di vitigni derivati da programmi di incroci naturali con varietà di vite che contengono particolari caratteri di resistenza, principalmente alla peronospora e all’oidio.
Per far fronte a queste patologie i vitigni “resistenti” richiedono un numero ridotto di trattamenti chimici rispetto alle varietà tradizionali, con buona pace della collettività e dell’ambiente, che ringraziano, ma anche del mercato perché i vini che ne derivano sembrano essere ben accolti anche dai consumatori.
Attualmente sono circa 370 le varietà “resistenti”, ottenute in 25 Paesi, compresa l’Italia, di cui già 34 sono iscritte nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite, utilizzabili attualmente per le sole IGT.
Tra questa ampia offerta di varietà di viti “resistenti”, la Regione del Veneto ha promosso negli ultimi anni una serie di progetti, gestiti da vari Enti, il cui obiettivo è quello di valutare i vitigni “resistenti” che maggiormente si possano adattare alle varie aree vitivinicole regionali, in particolare quelle in forte pendenza o difficilmente meccanizzabili o nel campo della viticoltura biologica.
Il risultato di questi progetti ha portato all’autorizzazione alla coltivazione nel territorio regionale di ben 24 varietà di vitigni “resistenti”, che tra l’altro stanno riscuotendo un discreto interesse tra gli operatori.
Tra i diversi progetti regionali in campo, merita di essere segnalato quello attivato da Veneto Agricoltura tramite il proprio Centro di Conegliano. Nello specifico, sono stati realizzati due vigneti sperimentali costituiti dalle principali varietà ammesse alla coltivazione nel Veneto: uno si trova nella zona del Lison-Pramaggiore (VE), dove tra l’altro la vendemmia delle varietà precoci è iniziata nei giorni scorsi, l’altro nel Comune di Seren del Grappa (BL). Da alcune vendemmie i tecnici di Veneto Agricoltura effettuano le operazioni di vinificazione con l’obiettivo di definire con precisione la caratterizzazione enologica e produttiva dei vitigni coltivati.
Dal 2020 questa attività di valutazione è arricchita dai risultati derivanti da un altro progetto regionale, affidato sempre a Veneto Agricoltura che, con la collaborazione dell’Associazione PIWI Veneto, ha realizzato nella zona di Borgo Valbelluna (BL) un vigneto sperimentale costituito dalle ultime novità “resistenti” di viti a bacca nera che possono sovrapporsi, come epoche fenologiche e caratteristiche enologiche, alla varietà Pinot Nero, vitigno che si caratterizza per un germogliamento medio-precoce e maturazione precoce. Caratteristiche, queste, che sembrano ben adattarsi alla climatologia della zona, soggetta a gelate tardive e abbondanti precipitazione tardo estive ed autunnali.